Finalmente, dopo la pandemia, siamo riusciti a tornare a far visita ai progetti di Dada Maisha, partendo da Mbogoi, la nuova zona dove abbiamo iniziato ad operare, arrivando a Morogoro, dove da sempre ci sono la casa famiglia, gli asili, le case della collina, gli amici, la famiglia allargata.
Il principale motivo di questo viaggio è stata l’inaugurazione della casa maternità a Mbogoi. La richiesta era arrivata direttamente dalla comunità femminile di donne masai di Mbogoi e dintorni. Prima di questa costruzione, le donne per partorire erano costrette ad andare fino a Handeni, che si trova a più di due ore di distanza, percorrendo in moto una strada sterrata molto pericolosa, rischiando incidenti a volte anche letali. Da quando è in funzione la casa maternità, hanno già partorito 40 donne. Questo progetto richiede un intero capitolo a parte, con più dettagli, che vi promettiamo di approfondire nella prossima newsletter.
In questo viaggio oltre me Anna Coppola, che sono la presidente, sono venute anche Sara e Luisella. Ho chiesto a Sara di condividere la sua esperienza facendola diventare la nostra newsletter, mentre Luisella ha condiviso le sue emozioni tramite i nostri social.
Tutte le informazioni sui nostri progetti le trovate sul sito www.dadamaisha.it e sulle pagine Facebook e Istagram.
“Come poter raccontare 12 giorni intensi in una terra sconosciuta? È un’impresa ardua, soprattutto quando l’intento è far capire più quello che si è provato che quello che si è visto.
Ma le emozioni scaturiscono dai posti, dalle persone, dalle atmosfere, da ciò che vedi e non ti aspetteresti mai, dalle persone che ti accompagnano in questo viaggio e ti raccontano pezzi delle loro vite, che si sono svolte in questi luoghi, che ancora portano il segno del loro passaggio e della loro permanenza.
Visitiamo molti luoghi e ognuno ha una storia, un’emozione, una speranza.
Il viaggio parte da Mbogoi, villaggio dei Masai, fatto di case di legno praticamente senza pareti e case di fango senza finestre, ma piene di vita così immensa che non possiamo far altro che lasciarci travolgere. Loro hanno sorrisi contagiosi, occhi accoglienti, mani che ci toccano l’anima.
La nostra visita parte dalle dighe, che arginano l’acqua quando piove. Sono pozze profonde dove, nelle stagioni della pioggia, si approvvigiona l’acqua, ma in questo periodo sono purtroppo praticamente asciutte.
L’asilo, costruito con i rami degli alberi, che mi ha toccato nel profondo, perché una costruzione così semplice, a un primo sguardo spoglia e senza carattere, quando viene popolata dai bambini diventa gioiosa, vitale, emozionante a tal punto da far scomparire il contesto e riempire immensamente lo spazio.
Il pozzo, costruito da Dada Maisha a marzo nel villaggio di Mkindi , lontano dal villaggio di Mbogoi, per raggiungerlo ci vuole un’ora di moto (qualcosa di più con una macchina) su una strada che non si può definire tale, totalmente disconnessa, creata dai fiumi di pioggia. Nei tre giorni antecedenti il nostro arrivo al pozzo, non abbiamo avuto accesso all’acqua corrente, quindi l’acqua del pozzo è una grande gioia per noi. Posso solo provare a immaginare quale emozione possa scaturire in coloro che, nella vita di tutti i giorni, devono guadagnarsela con ore di cammino su strade tortuose.
Lasciamo il villaggio e io porto con me un bagaglio di riflessioni che gli abitanti mi hanno lasciato. Nonostante la povertà straziante, a cui noi occidentali non siamo minimamente abituati, emerge e affascina in loro una dignità invidiabile: sono sempre perfettamente in ordine, con vestiti magari un po’ logori, ma sempre impeccabili, pieni di collanine e orecchini e ciò che lascia senza parole è la costante voglia di condividere con noi quello che hanno. Per ringraziarci ci fanno dei doni, anche quando non è necessario, anche quando in realtà dovremmo ringraziarli noi per l’immenso regalo che ci stanno facendo, permettendoci di entrare nelle loro vite anche solo per un istante.
Ma è tempo di ripartire e di andare a Morogoro. Sul pullmino che ci accompagnerà per queste ore di viaggio, non si può far altro che guardare fuori dal finestrino e, mentre il paesaggio scorre lento, ringraziamo per tutto quello che, fino ad ora, abbiamo imparato dei masai, della Tanzania, di noi stessi.
Morogoro ha un’altra anima, più leggera, più spensierata, ma travolgente. Morogoro è famiglia.
In casa Famiglia si respira aria di casa (scusate la ripetizione), la convivialità, la condivisione, ci fa sentire parte della comunità. Gaude, che da anni si occupa della casa e dei bambini, è meravigliosa ed è la mamma che tutti vorremmo.
Ma l’asilo… l’asilo di Dada Maisha é il vero colpo al cuore, quello che ci stende.
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Ci svegliamo alla mattina presto (come tutti i giorni, perché in Tanzania le giornate hanno 12 ore di luce e vanno vissute tutte) e ci facciamo trovare all’asilo prima che i bambini arrivino. La gioia di vederci è un misto di stupore, curiosità e voglia di abbracci. Ci si incollano addosso e non si staccano più. E non solo in senso fisico.
Le lezioni sono straordinarie. Bambini dai 3 ai 6 anni che, in maniere differenti, imparano la matematica, l’alfabeto, le parole, l’inglese. Il tutto gestito da una meravigliosa Jenny, la maestra e coordinatrice dell’asilo, che trasmette amore incondizionato per il suo lavoro: si sente ed è contagioso.
La grande scoperta di questo viaggio però sono gli adulti, perché i bambini sono puri e danno amore, ma gli adulti, questi adulti che mi sarei aspettata di trovare induriti dalle difficoltà della vita, invece sono accoglienti, sorridenti, vogliono condividere ciò che hanno anche se quello che hanno non è molto. Ricordo con affetto ognuno di loro, i loro piccoli doni che mi hanno commossa ogni volta.
Il nostro viaggio finisce a Zanzibar, un’isola che ci sembra troppo turistica per come abbiamo vissuto fino ad ora, ma dove ci attende Jackie che, quando era bambina, è cresciuta nella casa Famiglia di Morogoro e ora da anni vive qui, dove lavora nel suo laboratorio di sartoria (da cui arrivano le splendide borse con cui confezioniamo i nostri panettoni e gli altri doni solidali). Qui la voglia di riscatto si sente forte e chiara.
Sull’aereo di ritorno faccio le mie riflessioni su questa avventura appena conclusa. Mi rendo conto (Anna sono anni che me lo ripete e finalmente l’ho costatato da sola) che la terra rossa ti si attacca alla pelle, ai vestiti, all’anima ed è difficile da togliere… da tutte e tre le cose.
A chiunque mi chieda di raccontare le emozioni di questa esperienza, mi sento solo di dare un consiglio: fatelo questo viaggio, fatelo per voi, per provare emozioni che sono inspiegabili, per provare emozioni che non sapevate nemmeno di avere, vivetelo in pieno, immergetevi e lasciate a casa tutto ciò che è occidente.
Questo viaggio non finirà al vostro ritorno, ma vi cambierà e vi accompagnerà per il resto dei vostri giorni.
E adesso che sono tornata a casa finalmente capisco cosa sia il mal d’Africa e comprendo che l’unico modo per capire davvero di cosa si tratti è viverlo in prima persona.”
Asante sana.
Annamaria Coppola
È qui che entrate in gioco voi. Abbiamo bisogno di nuovi sostegni: per voi non è molto ma per loro vale tantissimo.
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